La ricaduta è un meccanismo psicologico che si mette in atto quando le aspettative di guarigione sono così forti da accelerarne i processi, una sorta di forzatura, voler guardare a tutti i costi i lati positivi di un cambiamento, di una ripresa, senza valutarne la fragilità e l’esame di realtà.
Questo periodo storico è fortemente legato all’evento eccezionale della pandemia da Covid-19 e alla difficoltà in atto di accettarne la portata e tutte le tappe che la collettività ha dovuto e dovrebbe ancora fare.
Mentre si scrive, dopo la prima fase della primavera 2020, la seconda di rifiuto e resurrezione dell’estate e la terza di rimozione, si sta entrando nella quarta fase rappresentata dalla caduta dell’illusione e dalla disillusione con la nuova ricaduta, le sue varianti e il fallimento, di fatto in atto, dell’utopia dei vaccini come risorsa salvifica.
Ricadere è come diventare recidivi, che vuol dire non essere capaci di elaborare la realtà, accettarne le caratteristiche e rifondare i comportamenti.
Vecchi stili di vita si incrociano con quelli nuovi, necessari, ma di fatto non elaborati né accettati.
La difficoltà di metabolizzare i cambiamenti fa parte di una cultura, di una ostinazione quasi ossessiva ad applicare interpretazioni che sono fortemente slegate dalla realtà.
All’ansia e all’angoscia si sostituiscono l’insofferenza, la confusione emotiva, la paura di chi si sente senza più confini.
La mancanza di coerenza della comunicazione sanitaria, la precarietà degli assetti, della politica e della governance, l’impreparazione del tessuto sociale a reggere la frustrazione, rende progressivamente problematici i comportamenti sociali. Aggressività, insofferenza e altri atteggiamenti mentali sono e saranno i sintomi di nuove patologie sociali.
Purtroppo, la precarietà della gestione sanitaria, la frantumazione delle regole del passato, che di fatto però erano gravemente assenti, sta impoverendo la capacità di convertire i comportamenti da negativi a costruttivi.
L’isolamento mentale non è dato da quante persone vediamo o con cui ci relazioniamo, ma è la tendenza e il rifiuto a capire cosa accade nella nostra vita, una sorta di incapacità e rifiuto all’incontro di se stessi.
Il rimpianto verso il passato è il meccanismo più facile, ma anche quello più compromissorio, perché con il prolungamento delle difficoltà a vedere una fine, sarà l’infelicità a essere un sentimento possibile e presente nel futuro dell’individuo, assieme a una caduta del desiderio e all’inizio della passività, la difficolta di fatto di mettere in atto creatività e motivazione, così importanti per agire sui nostri atteggiamenti nel lavoro e negli affetti.
I vaccini sembrano un obiettivo poco rassicurante, confuso e dai comunicatori ambivalenti, tutti meccanismi che portano a aumentare l’angoscia.
Attualmente nessuno riesce a capire che i messaggi chiari e determinati, anche se fortemente condizionanti, potrebbero riportare la collettività verso una buona visione della vita.
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